L’Archeoclub di Lentini a Roccapalumba e a Lercara Friddi
Domenica 27 maggio, l’Archeoclub di Lentini ha visitato Roccapalumba e Lercara Friddi, piccoli paesi contadini in Provincia di Palermo, all’interno di un’ampia zona collinare tra il bacino del fiume Torto e quello del Platani. Se tortuoso appare il percorso, lo scenario è dolce e suggestivo, e la vegetazione lussureggiante in un contesto naturale piacevolmente integro. Roccapalumba (a m.530 sul livello del mare), che trae il nome dalle numerose rocce calcaree che affiorano dal terreno argilloso, su cui nidificano i colombi, nasce, nella prima metà del XVII secolo, all’interno del feudo della Palumba dei principi Ansalone. Il borgo si sviluppa lentamente intorno alla chiesa madre e alla masseria del principe, e il paese, sorto senza “licentia populandi”, dal secolo XVIII è riconosciuto ufficialmente come centro abitato.Testimonianza di una storica e tradizionale civiltà contadina è la presenza di numerosi mulini ad acqua, che sfruttano la forza motrice dell’acqua, già nota ai cinesi fin dal secolo V a.C., per la macinazione del frumento, secondo una tecnica introdotta dal mondo greco-romano dal secolo I a.C. (costituita dallo sfruttamento di corsi d’acqua veloci con salti naturali o artificiali). Il mulino di Fiaccati, da noi visitato, nato nel 1880 e ancora oggi perfettamente funzionante, ne è un esempio.A poca distanza da Roccapalumba la stazione ferroviaria di Alia, che conserva al suo interno un piccolo (appena due stanze) ma interessante “Museo sulla Civiltà del Ferroviere”, nato nel 1997 per volontà di pochi uomini e donne, che si prefiggevano e si prefiggono, attraverso la valorizzazione del treno, lo sviluppo socio-economico, storico-culturale ed ecocompatibile del territorio.
Appunti di viaggio e varie spigolature sulla gita effettuata dall’Archeclub di Lentini a Roccapalumba e Lercara Freddi.
Domenica 27 Maggio un sole splendente ed una temperatura mite e gradevole hanno accompagnato i soci dell’Archeoclub di Lentini in gita a Roccapalumba e Lercara Friddi. La visita al Mulino Fiaccati è stata il momento più significativo ed anche il più interessante. La degustazione di “pani cunzatu”, salame tipico con l’aiuto di un robusto vino rosso o di un delicato rosè ha deliziato il palato dei partecipanti, che così meglio si sono apprestati ad ascoltare la storia del mulino Fiaccati, raccontata dal sig. Giuseppe Pollina. Il mulino ad acqua fu costruito nel 1887 dalla famiglia Avellone sugli argini del Fiume Torto, nel feudo Fiaccati, in una posizione molto favorevole dal punto di vista commerciale.L’impianto, incuneato tra le rocce, (“ciaccate” da cui il nome Fiaccati) incanalava l’acqua del fiume e la portava in una grossa “urga” (diga) in pietra squadrata, componente essenziale del mulino, in quanto anche durante la notte, grazie alla sua posizione, essa poteva riempirsi e assicurare la macina per il giorno successivo, e ciò anche nei periodi di siccità. Il mulino restò in funzione fino agli anni ’50 dopo di che conobbe un periodo di abbandono e di degrado , tanto da essere utilizzato dai pastori come riparo per gli animali. Fu quindi acquistato dal sig. Pollina, da molti ritenuto pazzo per l’impresa dissennata , che convinto della bontà dell’idea con determinazione e intelligenza avviò un progetto di restauro e realizzò, senza raccomandazione alcuna (così ci ha detto), un’opera che è stata inserita fra le cento meraviglie d’Italia.