“SAN BASILIO: ai confini di un regno”
Questo il titolo della conferenza organizzata dall’Archeoclub di Lentini (Sr) nella saletta della biblioteca comunale - via Aspromonte, 5 - venerdì 10 novembre 2017. Relatore il dott. Italo Giordano, un grande amico del club e archeologo ben noto nella città, e non solo, tanto da non aver bisogno di presentazione come ha detto il presidente prof. Pippo Cosentino in apertura di serata.
Dopo aver salutato gli ospiti - tra cui l’assessore Brancato, il comandante della Guardia di Finanza dott. Risuglia, il direttore del Museo archeologico dott. Longo - i numerosi soci intervenuti, e dato alcune comunicazioni di servizio, il presidente si è brevemente soffermato sull’argomento della conferenza dando successivamente la parola al relatore.
Servendosi di un corposo set di foto, proiettate su schermo, il dott. Giordano ha magnificamente illustrato nei minimi dettagli l’area del sito archeologico del Monte San Basilio e del circondario sia dal punto di vista geologico che storico-archeologico facendo, inoltre dei raffronti con altre strutture analoghe poste in alcune aree che si affacciano al Mediterraneo.
Il sito archeologico di Monte San Basilio sorge su una montagna, con un profilo ad angolo retto, riconoscibile a grande distanza, formata da un’imponente massa basaltica di origine submarina - successivamente ricoperta da sedimenti di calcarenite ed emersa a causa di spinte orogenetiche (Pliocene?) – calcareniti che formano un “cappello” di bianche e candide rocce, fortemente erose da agenti esogeni, dove sono state rinvenute tracce di insediamenti greci con numerosi e grandi ipogei in seguito trasformati e utilizzati a scopi abitativi nel tardo Medioevo. È collocata nel territorio di Lentini seppur vicinissimo a Scordia e l'area sommitale del monte mostra tracce di un antico insediamento già dalla preistoria con evidenti fori di capanna. Poco distante sorge la struttura imponente scavata nella roccia calcarenitica e con un'estensione di 18x16 metri e ben 32 colonne atte a sorreggere delle lastre in pietra, nota come “Colonne di San Basilio”. Parte della struttura è crollata ma restano ancora in piedi molte colonne.
L'imponenza del monumento richiamò l'attenzione del viaggiatore Jean Houel che ne tracciò degli schizzi nel 1777 nonché un'interessante testimonianza scritta.
Ma fu poi l'archeologo Paolo Orsi a indagare per primo la possibile funzione della suddetta struttura. Egli ipotizzò un uso come cisterna per la conservazione e l'approvvigionamento delle acque piovane e provenienti dalle fessure della calcarenite, utilizzate dai soldati presenti nell'area fortificata. Le lastre di copertura dovevano servire a mantenerla pulita e, soprattutto, a limitarne l’evaporazione nel periodo siccitoso. La struttura dell’insediamento è tipica di una fortezza. Lungo il monte, infatti, sono visibili i resti di fortificazioni di epoca greca che lasciano immaginare un uso prettamente militare dell'area da cui si domina la piana di Catania e il “graben” (avvallamento) su cui sorge la città di Lentini, il lago Biviere e poco più lontano Scordia. La struttura venne successivamente riutilizzata dai bizantini e dai monaci basiliani che la convertirono in chiesa. Difatti sono visibili alcune tracce di affresco in alcune colonne, seppure ormai non leggibili. Dopo Paolo Orsi il sito non è più stato oggetto di rilievi archeologici e per questa ragione sono scarse le informazioni. Tuttavia è anche ipotizzabile una funzione diversa della struttura, non come vasca ma come granaio.
La costruzione vista da Paolo Orsi come riserva d’acqua, trova interessanti riscontri in aree che si affacciano al Mediterraneo – la piscina romana di Siracusa; la “cisterna di Pestum (Campania); la cisterna di Qormi (Malta); Thera a Santorini (Grecia); la Basilica sommersa di Istambul (527 d.C.) e quella di El Jadida in Marocco (XV sec) - come ci ha fatto vedere il dott. Giordano attraverso la proiezione di interessanti foto.
Allo stato attuale, come ci ha, inoltre, riferito il dott. Longo nel suo intervento, l'area è in completo stato di abbandono, alla mercè di pastori e relative mandrie di pecore, dato che si trova all'interno di una proprietà privata e di conseguenza non è neanche indicato da cartelloni turistici. Pertanto non sussiste nessuna forma di protezione né interventi di messa in sicurezza; all'interno del sito infatti cresce una folta vegetazione che impedisce la fruizione e alcune delle travi sono a rischio di crollo. Evidenti sono anche le tracce di scavi illegali compiuti in tutto il Monte.
Gli applausi del pubblico e i ringraziamenti del presidente chiudono la serata con il proposito che, appena possibile, verrà effettuata una visita-scampagnata, guidata dal nostro bravissimo e impagabile Italo Giordano.