COMU  RICEVUNU  ANTICHI
Sabato 26 gennaio 2019, con inizio alle ore 18.30, presso Villa Ducale in Lentini (Sr), ha avuto luogo una serata conviviale organizzata dal Kiwanis Club di Lentini con la partecipazione dell’Archeoclub di Lentini. Una serata all’insegna del piacere di stare bene insieme per riscoprire alcuni dei tratti identitari della nostra storia; una serata per riscoprire usi, costumi, tradizioni popolari e il dialetto siciliano ed assegnare il giusto riconoscimento ad un ricco patrimonio artistico e culturale che rischia di perdersi se non viene adeguatamente valorizzato, come ha dettola presidente del Kiwanis, dott.ssa Valeria Commendatore nel suo esordio e nel salutare cordialmente l’affollata platea di soci  e di ospiti ai quali ha augurato buon divertimento, con l’antico saluto “Sabbenerica” al quale tutti a coro hanno risposto “Santu e Riccu”.
Si è, poi, addentrata nel tema conduttore della serata, il dialetto siciliano, organizzata  con l’obiettivo di recuperare/rispolverare la cultura millenaria che i nostri antenati ci hanno trasmesso e di condividerla; la saggezza popolare  intrisa di sentimenti civili, sociali, morali, religiosi racchiusa in detti popolari, aforismi, poesie, “niminagghi”, canti nel nostro dialetto che tende a scomparire e che le nuove generazioni in gran parte sconoscono. “Ogni 14 giorni nel mondo scompare un dialetto e con esso storie, tradizioni e culture preziose” …  “un idioma va comunque protetto parlandolo, ma per valorizzarlo e promuoverlo ci vuole una legge che lo riconsideri in termini di promozione anche attraverso i canali educativi e scolastici, giuridici e istituzionali” ha aggiunto ancora Valeria prima di dare la parola a Pippo Cosentino, presidente dell’Archeoclub di Lentini, per ulteriori approfondimenti. E per ribadire che gli unici e appropriati canali educativi protetti ai nostri giorni, affinché il nostro dialetto e le nostre tradizioni non vadano perdute, sono la famiglia e, soprattutto, la scuola. Non è più come una volta, ha aggiunto, quando i bambini e i giovani passavano gran parte della giornata fuori, sulla strada a giocare, a parlare, a scambiarsi conoscenze; sulle strade si vedono solo macchine; i bambini e anche quelli più grandi vengono accompagnati in macchina e poi ripresi all’uscita dai genitori, dai nonni; giocano con il computer e con gli smartphon; frequentano palestre, scuole di danza e tanto altro…sconoscono i giochi di strada e il dialetto non lo parlano neanche in famiglia. È la scuola che deve farsene carico con l’introduzione dello studio del dialetto tra le altre discipline scolastiche.
Nel contempo veniva proiettato su schermo un prezioso set di foto antiche riguardanti scene di “vita” siciliane e lentinesi in particolare.
Sono subentrati, a questo punto, Salvatore Caponetto e Salvatore Randazzo con un dialogo tra due siciliani tratto dallo spettacolo “Diciamoci la verità” di Ficarra e Picone andato in onda su Canale 5 qualche tempo fa, che ci ha fatto sorridere e, soprattutto, pensare alla Sicilia come un luogo dove è possibile trovare qualunque tipo di contraddizione, ma sempre con un preciso fondamento.
“Bufalino, grande conoscitore della Sicilia e della sicilianità nel suo scritto “L’isola plurale” , ha delineato le caratteristiche fondamentali dei siciliani, il carattere, le tendenze, causate da ragioni storiche, climatiche, insulari”; le tante Sicilie…la Sicilia cerniera, per motivi geografici, tra la cultura occidentale e quella orientale, tra le influenze nordiche e quelle arabe africane…Una mescolanza culturale e anche genetica che rende difficile descrivere il siciliano e la Sicilia…”Ogni siciliano è, di fatti, una irripetibile ambiguità psicologica e morale. Così come l’isola tutta è una mischia di lutto e di luce…” ha detto ancora Valeria con le parole di Bufalino. Ha poi parlato dell’ospitalità e dell’accoglienza siciliana, una forma di empatia che ci consente di non avvertire distanza tra noi e gli altri; e del cibo. “La Sicilia si può definire un luna park del cibo, da quello di strada a quello più tradizionale e casalingo: una mescolanza di sapori frutto di culture che si sono incrociate  e che rendono il patrimonio gastronomico dell’isola il più ricco del Mediterraneo”.
È intervenuto a questo punto Roberto Scolari per parlare della cultura del “cunsolo”, il cibo che parenti e amici per una settimana portavano ai famigliari del morto, un’usanza ormai scomparsa. “Ogni pena e ogni dogghia / pani e vinu la cummogghia” recitava un antico proverbio. E a seguire la lettura di alcuni  significativi proverbi sul cibo.
E l’amore? L’amore gioca un ruolo molto importante nella vita dei siciliani, in tutte le sue più svariate forme, da quelle più romantiche a quelle più passionali, dal sentimento più puro a quello più meschino dell’’interesse, dalla gelosia al dolore. Il primo amore…E poi c’è l’amuri tradituri
Ognuno  di questi aspetti è stato proposto con simpatici dialoghi e poesie a cura di Valeria, e di altri soci (Randazzo, Caponetto, Anna Zagarella, Marisa Galatà e altri) che si sono simpaticamente prestati all’uopo. Salvo Amore e la figlia Rachele, con le loro canzoni tratte dal repertorio romantico e folkloristico siciliano hanno reso ancora più divertente e spassosa l’atmosfera. Il ritornello di “Ciuri Ciuri” è stato, ovviamente, cantato da tutti; come pure quello di “Quantu è laria la me zita” che ha avuto come voci soliste Maria Marino e altri, allegramente capeggiati da Pippo Cosentino.
Intanto ha avuto inizio la cena, un ricco e assortito buffet di piatti tipici della tradizione culinaria lentinese, nel corso della quale sono stati venduti dei biglietti per un sorteggio i cui proventi sarebbero andati, come da tradizione, in beneficenza. Al termine la premiazione degli artisti:
il maestro Condorelli, perché rappresenta il pittore di Lentini per eccellenza; non solo perché vi è nato ma perché i suoi dipinti raccontano le chiese, le case, le piazze, i vicoli, gli scorci paesaggistici del nostro paese, rivisitati con occhio nostalgico e resi vivi dalle sue brillanti pennellate. Ha consegnato il premio il Lgt governatore Kiwanis Cosimo Messina;
l’artista Alessandra Di Pietro, creatrice di originali gioielli confezionati con merletto “chiacchierino” ricamato con coralli, perle e altre pietre preziose, che racchiudono l’anima siciliana dell’arte orafa del primo ottocento, come ci aveva spiegato e fatto vedere precedentemente tramite una proiezione su schermo. Ha consegnato il premio la presidente Valeria:
Maria Carmela Tinnirello, creatrice della “Coffa siciliana”, un oggetto tipico della tradizione folkloristica che lei ha reso particolarmente originale con la sua estrosa creatività, facendolo diventare un vero e proprio accessorio di moda. Ha consegnato il premio Pippo Cosentino.
E, per concludere “U cuttigghiu” (il cortile), un termine siciliano con il quale si indica quel poco spazio che separava le vecchie e misere case di una volta dove spesso si coabitava con le galline e l’asino. Era lo spazio in cui le donne si sedevano per lavorare al tombolo, a maglia, a pulire la verdura e, al tempo stesso, per parlare e sparlare di tutto e di tutti, come ci ha ricordato Roberto Scolari. E per fare “cuttigghiu” interviene ancora Roberto per altre precisazioni e Marisa per leggere una poesia.
Questa sfaccettatura delle varie lentinità del passato, alcune ancora vigenti, ci fa pensare ad una forma di “cuttigghiu” che si crea nell’ambito di un  avvenimento settimanale molto importante, il mercato del giovedì, ha detto Valeria dandomi il microfono per leggere una mia divertente poesia “U mercatu do giovedì” composta in dialetto siciliano con tanta graffiante ironia.
La festosa e divertente, ma anche istruttiva serata è stata completata con un buffet di dolci e con il sorteggio di un quadro di Condorelli, un gioiello della Di Pietro e una “Coffa” della Tinnirello.
Al termine la presidente Valeria ha ringraziato lo Sponsor Pavoni e C. S.p.a. i Soci che l’hanno collaborata nella realizzazione della serata, l’Archeoclub, la Fidapa, il Melograno,  e i numerosi intervenuti salutando tutti, come aveva iniziato, con un affettuoso “Sabbenerica”.