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Una storia finita… bene.
Un inedito  sabato pomeriggio per i soci dell’Archeoclub di Lentini in  visita al  “Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena”:  il complesso monumentale dei Benedettini, gioiello del tardo barocco siciliano, che  si affaccia sulla suggestiva e scenografica Piazza Dante a Catania.
Sabato 23 febbraio in un tiepido pomeriggio (lassù qualcuno ci ama), due giovani guide, dell’Associazione culturale “Officine culturali”, che, in collaborazione con l’Università degli Studi di Catania, si occupa della valorizzazione  del Monastero dei Benedettini , hanno accompagnato  il folto gruppo dei partecipanti, attraverso gli spazi più significativi del Monastero, illustrandone con competenza la sua intrigante storia. Ecco qualche breve nota.
A metà del XVI secolo i monaci, provenienti dall'omonimo monastero nei pressi di Nicolosi,  chiesero al Senato cittadino di Catania l'autorizzazione a edificare entro le mura, poiché minacciati dalle eruzioni dell’Etna e dalla presenza di briganti. I lavori di costruzione si svolsero tra il 1558 ed il 1578 ed in quella data con il monastero non ancora completato vi si stabilirono i  monaci benedettini. Poco dopo, venne iniziata anche la costruzione della chiesa. Nel corso del XVII secolo, con l'aumentare delle ricchezze a disposizione del cenobio, chiesa e convento furono dotati di apparati sempre più fastosi, come nel grande chiostro sistemato nel 1608 con colonne di marmo bianco e ricchi ornamenti. Nel 1669, a seguito della devastante eruzione dell’Etna, la colata raggiunse ed accerchiò Catania lambendo le mura del cenobio e lesionandolo, ed  una lingua di lava, staccandosi dalla principale, distrusse la chiesa di San Nicolò. Per ricostruirla dovettero passare moltissimi anni , anche perché,  ancora una volta, la natura si accanì contro il Monastero: l’11 gennaio 1693 il terremoto, che colpì la città, provocò anche il crollo del Monastero benedettino e la morte della maggior parte dei monaci, lasciandone appena tre in vita. Le strutture della chiesa, ancora in corso di costruzione, furono risparmiate, ma i lavori furono interrotti e, solo, nel 1702   ricominciò la ricostruzione sulle strutture superstiti. Il progetto fu affidato al messinese Antonino Amato, che ideò un impianto ancor più monumentale del precedente, certo in sintonia con le idee di ricchezza e grandiosità dei monaci stessi. L'impianto cinquecentesco originale fu ampliato ad oriente con la costruzione di un secondo chiostro accanto al più antico, mentre altri due chiostri avrebbero dovuto chiudere simmetricamente il complesso a nord sull'altro fianco della chiesa.
Per tutto il XVIII secolo i lavori di costruzione, ampliamento e decorazione continuarono, ininterrottamente,  sotto la direzione degli architetti Francesco Battaglia, Giovan Battista Vaccarini, Stefano Ittar, Carmelo Battaglia Santangelo. Alla fine del XVIII secolo  gran parte del convento e della chiesa erano, già, stati completati, così, nei decenni successivi, i monaci si dedicarono alla decorazione interna degli ambienti, a dotare di marmi pregiati e dipinti le cappelle, a mettere insieme quelle grandi collezioni artistiche, archeologiche, librarie, naturalistiche e scientifiche, che lo resero famoso in tutta Europa.