Palazzo Beneventano, una storia infinita…
Palazzo Beneventano, una storia infinita… Se ne è parlato, giovedì 14 febbraio, presso l’Auditorium dell’Istituto Scolastico Polivalente di Lentini, in una conferenza pubblica indetta dall’Archeoclub, a cui hanno partecipato soci, rappresentanti di altri Club Service locali, esponenti delle istituzioni e della società civile.
Coordinatrice dei lavori la prof.ssa Maria Arisco, presidente dell’Archeoclub di Lentini; relatore il dott. Francesco Valenti, archeologo e appassionato studioso del nostro territorio e del suo patrimonio artistico e culturale.
Il dott. Valenti ha raccontato brevemente la secolare storia della Famiglia Beneventano e le “vicissitudini” che hanno sempre accompagnato il Palazzo Beneventano, lasciando a chi di dovere e competenza la scelta del futuro di una struttura che fa parte del nostro patrimonio architettonico, ma che soprattutto appartiene alla nostra memoria storica.
Ma chi erano i Beneventano? Qual è stata la loro parabola storica ed umana? E quali le disavventure del Palazzo Beneventano?
I Beneventano, discendenti dalla nobile casata romana degli Orsilei, in tarda età medioevale si erano prima trasferiti a Venezia e da qui, a causa di tribolate disavventure economiche vissute nella città lagunare, a Benevento, dove acquisirono il nome distintivo di Beneventano. Sopravvenuti, però, dissapori con la nobiltà locale, abbandonarono la città campana ed emigrarono nel 1292 in Sicilia, dove divampava la Guerra del Vespro (1282-1302), alla fine della quale gli Aragonesi riescono a sopraffare gli Angioini, già autori della disfatta della gloriosa dinastia sveva degli Hohenstaufen (1266).
Ed è proprio la protezione di Federico d’Aragona ad assicurare ai Beneventano una stabile e proficua sistemazione a Lentini. Bisognerà attendere il 1639 perché il casato ottenga il riconoscimento e l’iscrizione alla Mastra Nobile, legittimando così il baronato già precedentemente assunto. I secoli susseguenti non furono facili e le traversie che la nobile famiglia dovette affrontare la prostrarono ma non riuscirono ad abbatterla: è l’età dell’Illuminismo e certamente un periodo non facile per l’aristocrazia di ogni dove. La riscossa, che avvenne alla grande, si registra tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento: sono gli anni di Luigi Giuseppe Beneventano, Barone della Corte e Senatore del Regno, titoli conferitogli da Vittorio Emanuele III, Re d’Italia.
Luigi Giuseppe Beneventano nasce a Carlentini nel 1840, si laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti a venti anni ed è Sindaco di Lentini a ventuno anni. Nel 1874 viene eletto Deputato al Parlamento nazionale e nel 1908, su nomina regia, è Senatore del Regno.
E’ l’Italia post-unitaria quella del Barone Beneventano. Sono gli anni in cui la Sicilia, ancor più che nei lunghi secoli della dominazione straniera, conosce e prende coscienza della sua arretratezza e del conseguente sottosviluppo: povertà, analfabetismo, delinquenza, malaria sono le coordinate entro le quali si barcamena.
Luigi Giuseppe Beneventano, uomo dell’aristocrazia blasonata e, al contempo, liberale illuminato, dotato di grande intelligenza e di profonda umanità, capisce che la Sicilia può risollevarsi e riscattarsi, ma occorrono uomini nuovi e leggi appropriate. Diventa mecenate e socialista ante litteram: dona, crea, finanzia, realizza, e Lentini acquista una dimensione di decenza e dignità che prima sconosceva.
Quando nel 1934 muore, inizia inesorabilmente la fase calante della famiglia Beneventano. Il nipote Luigi Giuseppe Beneventano, u baruneddu, eccezionale studioso di scienze matematiche e fisiche,  geniale ed estroso come tutti gli uomini di scienza, incapace di attenzione per le cose materiali, dilapidò l’intera fortuna economica della famiglia, o meglio, lasciò che si consumasse da sola, motuproprio, e alla sua morte nulla rimaneva di quella fortuna. Il Palazzo Beneventano, quasi fantasma di se stesso, venduto all’asta pubblica e acquistato dal Comune di Lentini nel 1975, offeso dal totale abbandono e declassato a deposito dei veicoli della nettezza urbana, diventa metafora della parabola umana e storica della famiglia Beneventano.
Il Palazzo Beneventano nasce, nella sua prima struttura, negli anni della ricostruzione, dopo il terremoto del 1693, alla periferia della città, sul colle San Francesco, là dove i nobili edificavano le loro dimore. Inizialmente di modeste dimensioni, per il suo ampliamento il Barone Don Peppino, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, affida all’arch. Carlo Sada, che già lavorava in Sicilia e aveva realizzato opere prestigiose come il Teatro Massimo Bellini di Catania, l’incarico della progettazione. Sarà un braccio di ferro, una corsa ad ostacoli, quasi una guerra, quella che si instaurerà tra il barone e l’architetto: progetti presentati e sistematicamente respinti, parzialmente modificati e ripresentati fino alla loro definitiva accettazione e realizzazione, vicenda che si conclude, e non ci sorprende, con una controversia giudiziaria per mancato pagamento della parcella professionale. Il Palazzo Beneventano finalmente così nasce: è una realtà ed è bello, ma finisce, provato dagli eventi, per autodistruggersi, quasi per autocombustione. Sede fino al 1957 del Centro Studi Notaro Iacopo, resta praticamente chiuso, in stato di degrado e abbandono, fino ai lavori di restauro. E adesso?
Molto interessanti le proposte: dalla Scuola di restauro al Centro Servizi del Parco Archeologico “Leontinoi”; da Centro di studi medievali a Slow Food e a tante altre indicazioni d’uso già in parte suggerite da una commissione costituita nel 2009, ed emerse nel corso del dibattito, vivace e articolato, seguito alla relazione introduttiva.
Quale sarà la scelta? Il Palazzo Beneventano, nell’immaginario collettivo dei lentinesi, è una rocca, una bussola attrattiva, un punto di riferimento: vorremmo che, dopo tanti anni bui, torni ad essere tale. Ad maiora!