A 70 anni dallo sbarco degli alleati in Sicilia
La macro storia e la micro storia: lo sbarco degli Alleati in Sicilia nel luglio del 1943 e le operazioni militari nella Sicilia orientale, in una conferenza organizzata dall’Archeoclub di Lentini (sabato 26 ottobre 2013, presso il Sant’Alphio Palace Hotel), in collaborazione con l’Associazione culturale Lamba Doria di Siracusa. Ha presieduto i lavori la prof.ssa Maria Arisco, presidente dell’Archeoclub di Lentini. Relatori: l’ing. Leonardo Salvaggio, studioso e autore del libro “Sicilia, quell’estate del ‘43”; il dott. Alberto Moscuzza, presidente dell’Ass. Lamba Doria; il dott. Lorenzo Bovi, documentarista, che hanno con appassionata precisione sviluppato l’argomento storico a noi particolarmente vicino.
L’Associazione culturale Lamba Doria, intitolata al coraggioso Ammiraglio comandante della flotta genovese nella storica battaglia di Curzola del 1298, che segnò la mortificante e disastrosa sconfitta di Venezia nella lunga guerra per il controllo del Mediterraneo, nasce nel 2004 per volontà di un appassionato gruppo di ricercatori e collezionisti, attenti studiosi della storia locale che volevano, riuscendoci con successo, recuperare e proteggere quanto del nostro passato permane, per divulgarne la conoscenza e tutelarne il patrimonio. Particolare attenzione l’Ass.L.Doria ha, sin dalla sua nascita, mostrato nei confronti di quella pagina di storia riguardante l’occupazione anglo-americana della Sicilia nel luglio del 1943: pubblicazioni di carattere storico-militare, allestimento di mostre di cimeli, foto e documenti, escursioni guidate, iniziative sempre seguite da ampio consenso, che ne attestano l’operosità.
Il 1943 è l’anno di svolta negli avvenimenti bellici della II guerra mondiale. L’Europa è sotto il tallone nazista; l’Italia, alleata della Germania, è sottoposta a continui bombardamenti anglo-americani: la conquista dell’Italia avrebbe potuto capovolgere il quadro bellico.
E’ in questo clima che si svolgono i lavori della Conferenza di Casablanca (gennaio 1943), alla quale parteciparono F.D.Roosevelt, W.Churchill e C. De Gaulle, e in quel contesto si decide l’invasione della Sicilia e l’occupazione dell’Italia, “il ventre molle dell’Asse”. La pianificazione e l’organizzazione dell’”operazione Husky”, così chiamata, furono affidate al generale americano D. Eisenhowr, futuro presidente degli Stati Uniti, mentre il comando operativo delle forze inglesi e quello delle forze americane vengono rispettivamente assegnati ai generali B.L. Montgomery e G.S. Patton. La campagna ebbe inizio la notte tra il 9 e 10 luglio 1943. Vi presero parte 160.000 uomini e le perdite italiane, tra militari e civili, secondo i dati rilevati, ammontarono a  4.325 morti, con 32.500 feriti e  116.681 prigionieri. La disfatta era inevitabile, la vittoria anglo-americana scontata.
Mussolini aveva rassicurato i capi fascisti che gli Alleati non sarebbero riusciti ad invadere la Sicilia, e lo aveva ribadito testardamente anche davanti a schiaccianti prove dell’imminente catastrofe. Non osava, presumibilmente, mobilitare e allertare la popolazione, perché avrebbe evidenziato l’incapacità del regime a salvaguardare il proprio territorio. Inoltre, gli avamposti costieri risultavano sguarniti e non idonei ad affrontare una invasione, la copertura aerea era inadeguata e gran parte dell’artiglieria obsoleta. E tutto andò come doveva andare.
Gli americani, sbarcati tra Licata, Gela e Scoglitti arrivarono velocemente ad Agrigento, pur in presenza di una tenace resistenza italiana. Nella parte orientale dell’isola gli inglesi, sbarcati tra Augusta ed Agnone, subirono un contrattacco tedesco e italiano, che non precluse però agli Alleati la vittoria. Il porto di Augusta era già caduto nelle mani degli invasori senza che venisse sparato un sol colpo. Sul ponte Malati, dalle parti di Lentini, il 13 luglio si combatté la battaglia per il possesso del ponte, che avrebbe aperto le porte verso Catania. Sul fiume Simeto, dopo, l’ultimo decisivo scontro. Il 22 luglio le truppe alleate sono già a Palermo, il 5 agosto entrano a Catania e il 17 a Messina. La Sicilia era stata occupata in solo 38 giorni e già il 3 settembre inizia l’invasione della penisola.
E’ l’epilogo del ventennio fascista: l’8 settembre, il 25 luglio, la guerra civile, la liberazione saranno le tappe successive, nel bene e nel male, del tribolato biennio 1943-45.
La Sicilia, all’indomani dell’occupazione, appare ancora una volta fortemente provata dagli avvenimenti storici, separata dal resto d’Italia e segnata da uno stato di incertezza politico-istituzionale e socio-economico aperto a ogni soluzione. Parzialmente distrutte Palermo, Messina e Catania. Cancellati alcuni paesi, forti danni alle fonti energetiche, con gravi conseguenze per l’economia del dopoguerra.
Gli Alleati, accolti positivamente dalla popolazione locale, portarono cibo, medicine, sigarette e una ventata di libertà. Ma apparve subito anche il rovescio della medaglia: esplose l’illegalità, riemerse il separatismo e si ritornò a parlare di mafia, forse in qualche modo protagonista dell’invasione della Sicilia, questione ancora oggi ampiamente dibattuta.
Sia Francesco Renda che Salvatore Lupo, storici siciliani che hanno approfondito con i loro studi la controversa problematica del rapporto forze alleate-mafia, escludono qualsiasi coinvolgimento organico di quest’ultima, ritenendolo “una favola che ha la forza di un mito” (F.Renda), pur sostenendo (S.Lupo) che “lo sbarco in Sicilia…contribuì a rinsaldare i legami e le relazioni affaristiche di Cosa Nostra siciliana con i cugini d’oltreoceano”.
E se non è chiaro che gli Alleati ripristinarono deliberatamente la mafia per facilitare la conquista della Sicilia, certamente Calogero Vizzini e Genco Russo si giovarono dell’appoggio degli Alleati per diventare figure significative della nuova amministrazione isolana. Il mafioso italo-americano Vito Genovese, addirittura,  sebbene ricercato dalla polizia degli Stati Uniti, stranamente comparve in qualità di ufficiale di collegamento in una unità americana di stanza in Sicilia. E’ certo che la loro ricomparsa si colloca in quel vuoto di potere creato dal crollo del fascismo. Destinatari delle operazioni punitive del prefetto Mori, negli anni 20, apparivano ora candidati a svolgere un ruolo di supporto politico e sociale funzionale ad un più affidabile passaggio da una fase storica ad un’altra e più credibili degli stessi politici di professione di chiara matrice fascista.
Tuttavia, quando gli Alleati (nel febbraio del 1944) consegnano la Sicilia all’amministrazione italiana, prende corpo il separatismo, che inneggia alla guerra civile contro il resto dell’Italia, procedendo addirittura ad un reclutamento di mafiosi e gruppi di banditi nella lotta ingaggiata contro un nemico non ancora chiaramente identificato. Di lì a poco, l’avventura - tra leggenda e storia - del bandito Salvatore Giuliano e la strage di Portella delle Ginestre (1-5-1947).
Alla luce di tale scenario, quindi, l’autonomia siciliana, che giunse nel 1948, non suggella il passaggio virtuoso da una realtà incerta, confusa e poco trasparente ad una realtà nuova e qualitativamente più rassicurante, bensì una sorta di cedimento del governo centrale, motivato forse dalla esigenza di una necessaria riconciliazione tra la Sicilia e l’intero Paese.
La parabola infinita, tra luci e ombre, della Sicilia.