L’Archeoclub di Lentini a Buccheri
Passeggiata tra natura e arte, domenica 21 ottobre, dell’Archeoclub di Lentini a Buccheri.
Buccheri, a circa 20 Km. da Lentini, a 820 m. slm, da sempre per noi è stata meta di fuga dalla calura della pianura verso la frescura della montagna. Ma, al di là della risaputa e assaporata aria fresca e pura, Buccheri nasconde un’atmosfera affascinante per la sua struttura urbanistica e una ricchezza artistica forse non sufficientemente nota.
Collocata nella zona più elevata dell’altopiano ibleo, in una zona amena e lussureggiante, ha origini incerte, così come incerto appare il suo nome. Forse da un comandante saraceno Buker, che nel IX secolo la conquistò; forse dall’arabo “bukir”, buoi, che in abbondanza in questi luoghi pascolavano; forse da “boucher”, termine normanno usato per indicare i macellai (vucceri), qui numerosi da sempre: il mistero permane.
E’ certo che il territorio, come attestano i reperti archeologici rinvenuti, fu abitato da antichissima data, sin dal neolitico, così come le testimonianze storiche documentano l’insediarsi nel corso dei secoli di siculi e romani prima, bizantini, arabi e normanni dopo.
Furono però proprio gli arabi a colonizzare il territorio, ancora in gran parte ricoperto di boschi, rendendolo coltivabile e urbanizzandolo, ed erigendo fortificazioni in sua difesa. Proprio su un fortilizio arabo, sul colle Tereo, i normanni, in seguito, edificarono il castello, simbolo del paese, del quale rimangono oggi pochi ruderi.
Il borgo, nato attorno al castello, conobbe nel corso dei secoli alterne vicende. Feudo dei Paternò nell’XI secolo, passa nel secolo susseguente al Conte Alaimo da Lentini, prima, e poi alla famiglia Montalto dopo. Nel XVI secolo la signoria del paese passa alla famiglia Morra e da questa, infine, agli Alliata- Villafranca, che la governarono fino al 1812.
Pur sviluppandosi, originariamente, attorno al castello, nel corso dei secoli il centro abitato si espande e al suo interno sorgono palazzi, chiese e conventi.
Il terremoto del 1693 distrusse Buccheri così come devastò tutta l’area della Sicilia sud-orientale. Il paese fu tenacemente ricostruito sullo stesso sito, ma leggermente deviato verso la sottostante vallata; le chiese preesistenti furono spostate ed altre ex novo erette. Queste chiese, splendido esempio di architettura barocca, accuratamente conservate e in modo encomiabile restaurate con fondi privati, costituiscono oggi la ricchezza artistica di Buccheri.
La chiesa di S.Maria Maddalena, che conserva al suo interno la statua marmorea della Maddalena di Antonio Gagini (1508), imponente e delicata; la chiesa di S.Antonio Abate, che custodisce due tele di Guglielmo Borremans (1728), di scuola fiamminga; la chiesa di Sant’Ambrogio e, infine, il Santuario della Madonna delle Grazie sono espressione di quel barocco siciliano ampiamente diffuso in tutta la Val di Noto, da Ragusa a Modica, da Palazzolo a Sortino, fino a Catania.
Il barocco siciliano, semplice e delicato, diverso da quello romano di Bernini e Borromini, imponente e maestoso, con il quale la Chiesa post-tridentina volle celebrare se stessa dopo la lacerazione luterana, sembra attestare quella atavica volontà siciliana di riscatto che ne ha ripetutamente segnato la storia.
Perfetta padrona di casa la dott.ssa Liliana Nigro, docente presso l’Accademia delle Belle Arti di Catania e Assessore alla Cultura del Comune di Buccheri, nonché Direttore Artistico del Medfest; guida attenta e puntuale padre Gaetano Garfì, parroco di Buccheri, che ci ha simpaticamente accompagnati lungo il percorso artistico. Il Duo Siracusa, al suono della fisarmonica e di un particolare contrabbasso a cubo, hanno gradevolmente allietato la giornata con musica folcloristica in perfetta sintonia con l’atmosfera del luogo.