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“SPERLINGA e NICOSIA”

con l’Archeoclub di Lentini

Ritornare nei posti dove si è già stati, magari più di una volta, non è mai un dejà vue: si vedono cose nuove, si rivedono cose già viste ma con uno spirito nuovo e in condizioni diverse, e ogni volta è un nuovo arricchimento e resta sempre qualcosa da vedere che lascia nell’animo la voglia di “ritornare”. E’ esattamente l’esperienza che ha vissuto la gran parte degli oltre ottanta partecipanti all’escursione a Sperlinga e Nicosia, di domenica 18 ottobre 2015, organizzata dall’Archeoclub di Lentini (Sr) diretto dall’infaticabile prof.ssa Maria Arisco.

Una gita inizia fin dal momento in cui, verificate le presenze, l’autobus si mette in marcia.

E mentre, dopo gli affettuosi saluti di benvenuto, la presidente, come al solito, ci aggiornava sulle attività del Club e ci forniva dettagliate informazioni su quello che saremmo andati vedere, noi ci gustavamo le bellezze indescrivibili del paesaggio che stavamo attraversando.

Percorrendo l’autostrada CT – PA, con sua maestà l’Etna alla nostra destra, ci siamo portati verso il centro della Sicilia, prima verso i monti Erei con Enna ad Ovest e, successivamente, dopo aver lasciato l’autostrada per una strada provinciale, alle Madonie e ai Nebrodi, verso le colline che ospitano Nicosia e Sperlinga. Una strada molto impegnativa per il dissesto del manto stradale e, soprattutto,  per i numerosi tornanti che ci hanno, però,  regalato la vista di scorci paesaggistici di impareggiabile bellezza. E dietro i crinali, deturpati in parte dalle pale eoliche, alla nostra destra è, poi, riapparso l’azzurro profilo dell’Etna, rimasto quasi sempre visibile fino al raggiungimento delle mete della nostra escursione.

Prima tappa della nostra visita è stato il Castello di Sperlinga, posto all’apice di un enorme monolito di calcarenite,  circondato da un piccolo Borgo rupestre costituito in gran parte da case ingrottate e da una cinquantina di grotte: raggiungibili da gradinate e tra loro collegate da stradine anch’esse ricavate scavando la viva roccia, sono state utilizzate fino a tempi abbastanza recenti come piccole abitazioni  formate da uno o due locali al massimo. Oggi, acquistate dal Comune, sono sede di un Museo etnografico. Il Borgo, il cui nome (dal greco "Spelaion" poi latinizzato in "Spelunca" ovvero grotta) ne  indica la caratteristica composizione, è abbarbicato al basamento rupestre del Castello; fu strutturato dalle popolazioni indigene sicule - che utilizzavano le grotte scavate nella roccia come sepolcri, successivamente  adibite ad abitazioni nel periodo bizantino e saraceno.

Nel XII secolo Sperlinga divenne sede di un’ampia comunità di Longobardi che arrivarono in Sicilia dal Nord Italia e lasciarono un retaggio linguistico ancora presente nella parlata locale che è un particolare dialetto detto “gallo-italico”.

L’inizio della edificazione del Castello si localizza tra la fine dell’XI secolo e l’inizio del XII, nel periodo normanno, sulle rovine di una fortificazione araba. I primi documenti sull’esistenza del Borgo e del suo Castello risalgono al 1080. Lo storico Michele Amari ne “La guerra del Vespro siciliano” riferisce che i soldati angioini resistettero a Sperlinga per quasi un anno all’assedio dell’esercito aragonese e fu l’unico castello dove i soldati di Carlo I D’Angiò trovarono rifugio all’interno di questa struttura scavata interamente nella roccia.

Tralasciando le vicende storiche che hanno caratterizzato i diversi passaggi di proprietà c’è da dire che nel 1862 il Castello divenne proprietà della famiglia del barone Nunzio Nicosia il quale nel 1973 lo cedette al Comune di Sperlinga.

Guidati da uno sperlinghese doc, Salvo Lo Sauro, esperto conoscitore del Castello e non solo, ci siamo avventurati per erte scalinate, per visitare prima il Borgo e le grotte e, successivamente, il Castello. Varcando archi e sottopassaggi bui, salendo alti gradini scoscesi e fortemente erosi, siamo penetrati nei vari locali scavati interamente nella viva roccia (come nella nabatea Petra)  adibiti agli usi più svariati: officina per i metalli; carcere; una grande scuderia; serbatoi d’acqua alimentati da ingegnose canalette scavate sulle cengie degradanti del monolite… e grandi “finestre” squarciate nella roccia che si aprono a viste mozzafiato sulla valle dell’alto Salso.

Pochissimi di noi hanno avuto l’ardire di raggiungere la cima del castello da dove hanno potuto godere di una vista a 360° sulle  tre Riserve Naturalistiche Orientate che si estendono dai Nebrodi alle Madonie. Il grosso del Gruppo si  è accontentato di “volare basso” ma sempre abbastanza alto, erto e faticoso da raggiungere attraverso stretti e scoscesi sentieri costellati da “geodi” affioranti, erose dal tempo - tre integre in bella vista come grosse uova di Dinosauro - per sfociare alla fine su un’ampia terrazza, con una bella vista panoramica e, soprattutto, con alle spalle la cima svettante del Castello, ottimo sfondo per la classica foto di gruppo. Lasciato il Castello, tornando a ripercorrere stradine lastricate da basole basaltiche  e a scendere impervie scalinate, abbiamo raggiunto gli autobus che ci hanno accompagnati a Nicosia, la città dei 24 Baroni, dove, nel ristorante omonimo, ci siamo fermati per la lunga ma ben meritata pausa-pranzo.

Il pomeriggio, ormai inoltrato, è stato dedicato alla visita della città.