“La festa di San Giuseppe a Lentini, tra fede, cultura e storia”
all’Archeoclub di Lentini 
Questo l’argomento trattato nel corso dell’interessante incontro con il prof. Elio Cardillo, organizzato dall’Archeoclub di Lentini , che ha avuto luogo venerdì 11 marzo 2016, ore 17.30, presso l’aula magna dell’Istituto Professionale “A. Moncada”,  in presenza di un nutrito numero di Soci e di Ospiti - tra cui la presidente della Fidapa Cettina Giampapa - che il presidente prof. Pippo Cosentino ha salutato affettuosamente in apertura.
Il presidente non ha ritenuto necessario fare una presentazione circostanziata di Elio, un grande amico dell’Archeoclub, essendo un personaggio molto noto a tutti e un importante punto di riferimento nella città per le sue molteplici sfaccettature culturali e umane e per le sue notevoli competenze sui Beni ambientali, culturali e tradizionali del nostro Territorio: poeta, scrittore,
“archivio storico”, cultore e promotore delle principali feste religiose lentinesi tra cui quella di Sant’ Alfio e quella di San Giuseppe.
Pertanto, dopo aver dato delle indispensabili comunicazioni di servizio riguardanti le prossime attività e le elezioni del Direttivo Nazionale, ha passato la parola al relatore.
Elio, dopo un brevissimo incipit sulla festa di San Giuseppe, celebrata in ogni città della Sicilia e non solo, si è immerso nel cuore dell’argomento illustrando la Festa e le sue evoluzioni nel tempo con  dati storici, aneddoti e, soprattutto tante immagini, antiche e più recenti, dei suoi vari momenti.
Celebrata a Lentini da tempo immemorabile, la festa di San Giuseppe si è sempre svolta il 19 marzo di ogni anno, fino agli anni ’70, seguendo questa tradizione: di mattina si svolgeva la processione del corteo formato dai tre personaggi, San Giuseppe, il Bambino e la Madonna, accompagnato dalla banda musicale e da una consistente folla di devoti; partendo dalla chiesa dell’Immacolata percorreva la via Niccolini, poi la via Conte Alaimo per portarsi in Piazza Umberto dove era stato allestito il Palco. Di pomeriggio i festeggiamenti si svolgevano con la processione che, preceduta dalla Confraternita di S. Giuseppe, seguiva la statua di S. Giuseppe, sistemata su un camioncino, e la banda musicale, accompagnandola per tutto il “giro santo”,
I personaggi della Sacra Famiglia venivano scelti tra i poveri della città, aventi determinati “requisiti”: San Giuseppe doveva essere vedovo e iscritto nell’elenco dei poveri del Comune, il Bambino doveva essere orfano oltre che povero, la Madonna veniva scelta tra le ragazze povere accolte dalle suore vincenziane. Le somme in denaro che ognuno riceveva dai fedeli erano personali e, come ci ha riferito Elio commentando le foto d’epoca, venivano accettate e “vissute” con sentimenti diversi da ognuno dei personaggi: “Il misero S. Giuseppe di turno, fiero di tanto inaspettato prestigio, ostenta un’appagata beatitudine non propria del vero Patriarca” ; un’altra storia quella della Madonnina “…combattuta tra vergogna e sconforto. La Festa attorno a lei è, in fondo, la codificazione della sua meschinità, del suo dolore, della sua miseria, della sua diversità…”
Con i proventi ricavati dalla vendita dei doni, tra cui i “cudduri di S. Giuseppi” donate a tutt’oggi, veniva comprata una casetta, un piccolo “dammusu”, a casa da Maronna,  alla Madonnina di turno.
I 99 piatti (33 - gli anni di Cristo - x 3 - i personaggi della Sacra Famiglia) venivano esposti, come a tutt’ogggi, nella Chiesa della Fontana e, successivamente, portati sul palco e offerti ai tre personaggi. Sotto il palco sostavano i parenti di ognuno di essi e, attraverso una botola, raccoglievano le 33 pietanze in grandi recipienti. Dopo, finita la festa, portavano a casa questo cibo e invitavano tutto il vicinato per consumare insieme “u mangiari di S. Giuseppi”.
Successivamente la Festa andò incontro ad un processo di involuzione dal quale nel 1989 ne uscì grazie, soprattutto, all’intervento innovativo apportato dal nostro Elio Cardillo.
I personaggi non vennero più scelti tra i poveri della città ma tra le persone che, spontaneamente, davano la loro disponibilità a vestire per due ore i “panni” di S. Giuseppe, del Bambino e della Madonna. Il primo S. Giuseppe venne impersonato da Elio, il Bambino da un suo nipote e la Madonna da una sua alunna.
La Festa  (che ormai si festeggia la domenica successiva al 19 Marzo, anticipata quest’anno 2016 alla domenica precedente per la coincidenza con la Domenica delle Palme) oggi si svolge seguendo questi nuovi criteri che, integrandosi agli antichi, è diventata più partecipata e, soprattutto, più umana e rispettosa della dignità personale: vestizione e Santa Messa alla Chiesa dell’Immacolata, processione della Sacra Famiglia, seguita dalla Banda musicale e da numerosi fedeli, per le stesse vie di una volta fino al bagno di folla in piazza Umberto e alla salita sul palco; presentazione dei 99 piatti; e si conclude con la vendita dei doni.
Tutti i proventi delle offerte e della vendita dei doni vanno in beneficenza alla Caritas parrocchiale della chiesa di S. Alfio. I 99 piatti vengono preparati da persone scelte da una lista di disponibilità e, al termine della Festa, vengono portati nel salone parrocchiale e consumati da persone bisognose.
E, mentre le immagini, accompagnate dalle gioiose note della banda musicale, scorrevano sotto i nostri occhi, Elio, con dovizia di particolari e grande emozione, le ha descritte, ad una ad una, coinvolgendoci con il racconto degli episodi ad esse collegate, e con l’invito ad abbandonarci alla commozione che la fede, la storia e la conoscenza delle nostre tradizioni sono riuscite a trasmetterci.
Un grande applauso e un caloroso ringraziamento degli intervenuti e del presidente, hanno concluso l’interessante quanto commovente incontro.